Noi bambini sopravvissuti agli anni ’80

Chiunque sia stato bambino negli anni ’80 lo sa: noi potevamo.

Noi potevamo uscire da scuola da soli già a 7 anni, bambino grande accompagnava a casa bambino piccolo e bambino medio se la cavava da solo. L’unica raccomandazione che ci davano i nostri genitori era: “non parlare con gli sconosciuti” e, ancora adesso, a 40 anni, parlare con gli sconosciuti ci mette un po’ a disagio perché la voce della mamma è ancora nella nostra testa.

I tempi sono cambiati, ma nelle grandi città non sempre in meglio. Milano, negli anni ’80, era segnata dalla piaga sociale dell’eroina, non era insolito, anzi, era frequente, vedere i ragazzi ai margini delle strade trascinarsi alla ricerca di una nuova dose. Era ancora più frequente trovare siringhe usate giù dai marciapiedi.
Il sottopasso che portava dalla scuola al Parco Lambro, anfiteatro dello spaccio della città, era interdetto ai bambini da ogni raccomandazione possibile fatta dai genitori. Parole, nessun altro atto coercitivo. Stessa cosa per il grande parco: abbiamo ricominciato a frequentarlo solo verso la fine degli anni ’80 quando era tornato vivo, ma pieno di auto della polizia che lo pattugliavano in continuazione.

Noi però uscivamo da scuola da soli, andavamo a catechismo, danza, nuoto senza essere accompagnati o controllati a vista da un adulto.

E ci portavamo la cartella da soli sulle nostre piccole spalle. Nessuno aveva fatto alcun rapporto tra il peso del bambino e quello dei libri, te la trascinavi dietro e basta. Muto.
Cartelle e zaini non erano trolley ed era vietato anche farsi aiutare dai nonni perché erano “anziani” e non bisognava farli affaticare. Ma mio nonno non era anziano (quando ero alle elementari non aveva neanche 60 anni) e, in quel mese all’anno in cui era a Milano e mi veniva a prendere a scuola, mi portava lui la cartella. Di nascosto dalla maestra.

Non c’era il registro elettronico e, nonostante potessimo “bigiare” e nascondere i brutti voti, non siamo diventati dei delinquenti. Chi lo è diventato, lo ha fatto per motivi indipendenti da questo.

Noi andavamo in auto senza cintura di sicurezza, le nostre auto non le avevano neanche installate. I seggiolini sono arrivati dopo, quando ormai eravamo più alti di un metro. Le mamme ci tenevano in braccio se eravamo troppo piccoli (o nella carrozzina, da cui venivano sganciate le ruote, posta sul sedile posteriore) e due bambini equivalevano ad un adulto, quindi noi andavamo in macchina in 6 (4 adulti + 2 bambini). Tutti stretti stretti.
Le nostre auto non avevano neanche lo specchietto di destra, era un optional.

Durante i viaggi per le vacanze, i sedili posteriori venivano trasformati in letti per consentirci di dormire comodamente. Si viaggiava di notte perché di giorno faceva caldo e l’aria condizionata era roba da ricchi.

Le TV con il telecomando erano poche e il bambino veniva usato come telecomando umano senza che questo accusasse gli adulti di sfruttamento del lavoro minorile, senza chiamare il telefono azzurro di cui, se c’era, non ci avevano dato il numero verde.

Nelle poche ore che potevamo dedicare a guardare la TV, non c’era il MOIGE a supervisionare la programmazione, quindi venivamo lobotomizzati da qualsiasi cosa passasse nell’etere. Soprattutto eravamo catalizzati a guardare le guerre dei robot giapponesi contro i cattivi, gli alieni che arrivavano da chissà dove e, a fine puntata, morivano. Il cartone animato durava 15 minuti, la pubblicità altrettanto.

Conoscevamo a memoria tutti i jingle degli spot e li cantavamo come fossero Vorrei ma non posto.

A scuola la maestra ci poteva punire senza che, per questo, venisse messa alla gogna. Se ti puniva, poi venivi sgridato anche a casa per averla fatta arrabbiare. Non importava se avevi ragione o torto perché “i piccoli” avevano torto solo per il fatto di essere piccoli.

Nessuno aveva allergie alimentari, qualcuno il raffreddore da fieno, ma nulla di grave. Se in mensa non ti piaceva qualcosa, te lo dovevi mangiare lo stesso: “pensa ai bambini poveri”.

Se ti sbucciavi un ginocchio, lo esibivi orgoglioso come fosse una ferita di guerra di cui andare fieri. Idem gessi e cerotti in testa. In bici non si metteva mica il casco!

Durante l’estate, quando mamma e papà andavano a lavorare, stavi a casa da solo e ti preparavi pure la colazione accendendo il gas. Non hai mai dato fuoco alla casa, nessuno ha mai accusato i tuoi genitori di abbandono di minore. Anzi, se tornavano a casa a pranzo, facevi trovare la tavola apparecchiata e avevi addirittura scaldato quel che c’era sul fornello.
Le case non erano dotate di forno a microonde, al massimo avevamo il forno a gas (da accendere con il fiammifero o l’accendino).

Al mare dovevi stare attento a non sollevare la sabbia quando correvi e non bagnare le persone ferme sul bagnasciuga (non si potevano spostare loro). Di gridare non se ne parlava proprio perché si dava fastidio agli altri… Poi ti chiedevano perché te ne stessi vicino all’ombrellone a giocare con le formine ed un piccolo secchiello pieno d’acqua…
Ci divertivamo lo stesso, pure senza urlare né trasformare i bagnanti in cotolette impanate.

Nella foto di copertina, la mia classe in prima elementare nell’ala nuova della scuola di cui vi avevo parlato qui.

43 Replies to “Noi bambini sopravvissuti agli anni ’80”

  1. Io negli anni ’80 ero già mamma, ma confermo che i miei figli son cresciuti così, e son cresciuti molto bene (scusate l’orgoglio materno). Per me che sono stata bambina negli anni 60 è andata ancora molto, ma molto meglio …

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  2. 😂😂😂😂! Le toppe ai pantaloni le faccio ancora adesso alle mie figlie !! E se non sono troppo lisi (i pantaloni) glieli passo alla piccola 😂😂. I tempi cambiano ma certe abitudini no 😂😂.
    Certe cose secondo sono migliorate come le cinture di sicurezza e certe accortezze come i fuochi a gas con l’accendino 😁😁😁.
    Come ho riso 😀 bel post 👏🏻👏🏻👏🏻

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  3. Ti quoto tutto anche se sono nata una decina di anni dopo di te 😉
    E ti dirò di più: prima dei 3 anni mi avevano diagnosticato un’intolleranza al glutine quindi non potevo mangiare praticamente nulla. Non esistevano certificati e menu alternativi, la maestra dell’asilo nido doveva darmi il mio cibo portato da casa e stop. Solo che quel genio un giorno mi diede una fetta di ciambellone provocandomi un blocco intestinale con conseguente ritiro dalla scuola ed affidamento alle cure della nonna. Che per fortuna c’era ed anche se abbastanza giovane era a casa in quanto casalinga. Purtroppo oggi i nonni, quando ci sono ancora, devono lavorare e le uscite delle scuole sono piene di tate…
    Ora invece le cuoche delle mense scolastiche hanno almeno una decina di menu diversi per allergie, intolleranze, religioni e stili di vita (i vegani o vegetariani).
    Mchan
    Ps: ricordo che i primi carrellini per gli zaini uscirono quando ero alle medie e coloro che ne facevano uso venivano continuamente presi in giro 😉

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  4. Allora fammi dare un’occhiata:
    – a scuola da soli? Confermo e sottoscrivo.
    – il parco Lambro non saprei, ma potrei confermarti stessa pratica per il parco Sempione.
    – Cartelle pesanti oltre che rigide, poi arrivarono gli zaini con la spugna e la gomma morbida, quelli della Invicta.
    – Non so nemmeno ora cosa sia il registro elettronico.
    – Automobile confermo tutto, dormite di notte fino all’Isola d’Elba. Cinture di sicurezza e specchietto retrovisore a destra inesistenti.
    – TV: cartoni giapponesi, sigle di Cristina D’Avena, cambiatore di canale officiale, lobotomizzato.
    – Le maestre avevano sempre ragione, quel sugo era a dir poco disgustoso, mi piacevano le carote crude però.
    – Ginocchia sempre con croste incorporate, bici senza casco e fuori misura (la prendiamo grande così la usi anche quando crescerai).
    – Allergie? Sarà il caldo ma poi passa.
    – Al mare sempre quelli da evitare, rilegati in ombrelloni sperduti. Zitti bimbi, i grandi devono riposare!

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    1. è vero! bici sempre troppo grande… o troppo piccola perché te l’aveva data qualcuno, in pratica sempre sbagliata!
      pure le tute da ginnastica: le compravi e ci facevi i risvolti tirando al massimo anche l’elastico in vita e l’anno dopo ti facevano sembrare il figlio dell’omino michelin

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      1. Ho visto che una tua compagna nella foto ha le toppe alle ginocchia, sembrano quelle di camoscio. E te che invece accendevi il gas della cucina da sola? A quest’ora i nostri genitori sarebbero tutti ex galeotti.

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      2. Certo, le toppe erano una prassi… di camoscio o a forma dei personaggi dei fumetti (si vendevano al mercato o in merceria). Quando andavamo al supermercato a piedi con mia mamma (che non guidava), la dovevo anche aiutare a portare i sacchetti della spesa.
        Altro che sfruttamento di lavoro minorile!!! Le carceri sarebbero state sovraffollate così come gli orfanotrofi..

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      3. Siamo stati sfruttati dovremmo riunirci e prendere la nostra rivincita. Hahaha fantastica la lavagnetta con l’indicazione della classe. I capelli della tua maestra sono tutto un programma di quegli anni.

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      4. …è la vita ascellare dei pantaloni di tutti?
        p.s. questa era la maestra giovane di cui non ricordo il nome (l’abbiamo avuta solo in prima elementare)… l’altra era la maestra Adele che, dopo la 2, è andata in pensione.
        La lavagnetta era strategica e “riciclabile”

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      5. Ricordo che mio papà comprò una 850 usata che all’epoca era un lusso, unico difetto le frecce non funzionavano e si doveva svoltare mettendo fuori il braccio come in bicicletta.

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      6. auauauauau
        noi avevamo preso la Nuova Ritmo… penso fosse il 1985… aveva l’aria condizionata, i vetri elettrici e la chiusura centralizzata. Era talmente “di lusso” che dopo 3 mesi ce l’hanno rubata. Mio padre non ha più comprato auto Fiat né utilizzato il leasing per l’acquisto (io ora mi occupo di leasing…) perché aveva dovuto continuare a pagare le rate fino a quando non è arrivato il rimborso dell’assicurazione per evitare di “essere segnalato” come “cattivo pagatore”…

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      7. hahahaha che commedie all’italiana! La Fiat non l’abbiamo mai avuta, optammo per una A112 della Autobianchi e poi per la Ford Fiesta, ma lì la preistoria era già più o meno finita, gli anni belli dei portapacchi carichi.

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      8. mio padre odiava i portapacchi!!! non l’abbiamo mai messo… solo che il risultato era che io dovevo viaggiare senza poter mettere i piedi sulla moquette della macchina perché lì venivano messi i bagagli!
        chiaramente si viaggiava con il frigo, quello di plastica dentro cui si mettevamo i ghiaccioli, perché all’autogrill non si comprava mai da mangiare, si faceva solo pipì dando la mancia alla signora delle pulizie

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      9. Nel ’78 non ricordo che auto avessimo (sono del dicembre ’75)… credo una Ford rossa che mio padre odiava e con cui abbiamo fatto un incidente in Viale Romagna una domenica mattina di pioggia andando a trovare mia zia… ricordo che pioveva perché avevo gli stivali di gomma rossi. Dopo che il furgone ci era venuto addosso, mio padre è corso da me preoccupato ed io, felicissima, gli ho detto: “Papà, adesso compriamo la macchina nuova?”… in attesa dell’auto nuova, abbiamo avuto per un po’ la Mini.
        La 500 è arrivata in sostituzione della Ritmo rubata, anche lì in attesa della nuova

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      10. Io Gennaio ’73, nato al Buzzi in Via Castelvetro, e cresciuto nella zona ovest, zone tipo piazza Firenze e Viale Certosa. La Ritmo era una macchina che faceva gola, usata anche nelle rapine dell’epoca, te l’avranno rubata per farne una. 😀 Carino l’aneddoto dell’incidente.

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      11. Sicuramente!!! Poi vuoi mettere l’aria condizionata??? Fai il palo che è una meraviglia…
        Io sono nata in un ospedale in zona Viale Abruzzi la mattina del 31 dicembre… mio padre non sapeva che poteva entrare in auto al pronto soccorso, quindi è andato a cercare parcheggio e l’ha trovato a circa 1 km dall’ospedale che mia mamma ha percorso a piedi con le doglie.
        Io abitavo nella zona Est della città… Crescenzago, ma i primi anni ero spesso a Precotto perché andavo all’asilo lì (vicino al lavoro di mio padre, dove abitavano anche i miei cugini). Avevamo sempre tantissimi cugini con cui passare vacanze e feste

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      12. Oggi c’è una fila di auto fuori dalle scuole che nemmeno ai caselli dopo il 15 agosto. Vanno a prendere i bambini in auto anche se abitano alla parallela.
        La noia in vacanza tra dopo pranzo fino almeno alle h16.00 perché non si poteva praticamente fare nulla che i grandi dovevano riposare. Nemmeno guardare la televisione che si alloggiava una famiglia intera in un monolocale.
        Mchan

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      13. Io andavo in campeggio, quindi la televisione la portavamo… fino alle 16 c’era “l’ora del silenzio” che durava due ore e potevi scegliere tra: 1) dormire, 2) leggere, 3) farei i compiti

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      14. Io ho sempre avuto la casa al mare dei nonni dove mi spedivano dalla fine della scuola a inizio settembre. Mi portavo praticamente tutta casa tra giochi, vestiti, compiti e pure la televisione che non si lasciava mai lì per via dei ladri. In quegli anni sono arrivati a rubare una lavatrice lasciata sul balcone del 3° piano…
        Mchan

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